Articolo scritto da Elisabetta Maurutto

Cultural awareness: da Linklab la soluzione per evitare scivoloni globali

19 giugno 2019, ore 8:45.
Rassegna stampa prima di cominciare la giornata.
I quotidiani italiani ci informano che tutto va abbastanza bene.
In prima pagina i temi di maturità, prima preoccupazione per 520.000 giovani compatrioti. In bocca al lupo a tutti.
Un po’ di politica (ormai un rumore di fondo) e calcio. Del resto siamo in estate e si sa che – salvo una catastrofe – il mondo va in vacanza.
Guardo all’estero.
L’Huffington Post mi spaventa con un Trump a tutta pagina che minaccia di ricandidarsi.
Scorro le altre notizie, più o meno rilevanti, e me ne salta all’occhio una.
Bella Hadid, la celebre supermodella americana, è stata costretta a scusarsi pubblicamente a seguito di gravi accuse di razzismo e vilipendio della cultura araba.
Ma come ha fatto la povera Hadid a infilarsi in un simile ginepraio?
È presto detto: qualche giorno fa la modella 22enne si trovava in aeroporto, in attesa di un volo. Per ingannare la noia stava probabilmente navigando sui social finché non ha pensato bene di fotografarsi un piede. Forse per mostrare le scarpe nuove, forse perché le faceva male, chissà. Di lì a Instagram il passo è breve e… apriti cielo.
Apparentemente la foto è innocua, ma in lontananza si vedono velivoli sauditi e degli Emirati Arabi. “E allora?” viene da chiedersi (se l’è chiesto anche Bella Hadid, che inizialmente è caduta dalle nuvole).
Il fatto è che nella cultura araba mostrare le scarpe è segno di disprezzo e, considerato che nella foto si intravedono aerei di compagnie mediorientali, l’associazione è presto fatta.
La modella, che peraltro è di padre palestinese, ha reagito all’incidente diplomatico definendolo “un errore in buona fede” e adducendo come scusa il fatto che insomma… era presto e a quell’ora (magari prima del caffè) uno scivolone può capitare.
A questo blando messaggio di scuse i più risentiti hanno incalzato, invitando i grandi nomi della moda a boicottare la modella la quale, compresa finalmente la gravità della situazione, è dovuta correre ai ripari.
In una storia su Instagram ha espresso tutto il proprio rammarico, ricordando le proprie origini palestinesi e l’amore per il lato musulmano della sua famiglia. Insomma, capo cosparso di cenere e la speranza che l’episodio venga presto perdonato e dimenticato.

Quello che è capitato a Bella Hadid è solo l’ultimo di una serie di cultural blunders (lett. scivoloni culturali) cui apparentemente nessuno è immune.
Prima di lei (pochi mesi fa, era il novembre del 2018), Dolce&Gabbana hanno fatto infuriare la Cina con una pubblicità che è stata definita “sessista” e “razzista”. Il risultato è stato l’annullamento di un mega-evento D&G a Shanghai seguito da un imbarazzante video di scuse condiviso su Weibo e Youtube.
Due esempi recenti, ma la lista degli aneddoti illustri è lunga e non sembra destinata a interrompersi.
Celebrities abituate a girare il mondo, grandi brand internazionali… nessuno si salva.
Ne conseguono figuracce globali e, di norma, gravi ripercussioni economiche (eventi cancellati, prodotti ritirati dal mercato, azioni legali, risarcimenti…).
La causa di tutto questo non va ricercata quasi mai nell’intento di nuocere o offendere, ma in una scarsa cultural awareness, che il Collins Dictionary definisce come “la comprensione delle differenze fra sé stessi e coloro che provengono da paesi e culture diverse, soprattutto le differenze in termini di valori e di comportamenti.”
Come molte altre competenze (o human skills, in questo caso), anche la cultural awareness può essere sviluppata e potenziata. Questo può avvenire tramite l’esperienza – siamo certi che d’ora in avanti Bella Hadid ci penserà due volte prima di fotografarsi un piede e farlo sapere al mondo – o attraverso lo studio e l’acquisizione di una maggiore consapevolezza.
Del resto, se pensiamo alle aziende, sono poche a potersi permettere una logica trial & error nella gestione dei rapporti con fornitori e clienti all’estero.

È per questo che da anni ormai Linklab fornisce i propri servizi di consulenza alle grandi corporate che desiderano un training specifico per potenziare la cultural awareness del personale. Conoscere i meccanismi della comunicazione nella propria cultura e in quella altrui, scoprire quali sono i valori e i tabù dell’interlocutore, sono questi gli strumenti che garantiscono l’efficacia dello scambio comunicativo a tutti i livelli, all’interno delle organizzazioni e con l’esterno.
Perché diciamocelo… saper parlare l’inglese aiuta ma non basta: serve comprensione delle differenze nel modo di agire, pensare e percepire la realtà che possono influenzare l’interazione con l’altro.
Bella Hadid ha imparato la lezione the hard way – a proprie spese.
Per tutti gli altri, esistono i corsi di Linklab.

L'autore
Elisabetta Maurutto
Laureata in Interpretazione (inglese e russo) presso la SSLMIT di Trieste e fondatrice di Linklab, laboratorio di comunicazione multilingue e interculturale. Ha tradotto numerose opere di divulgazione scientifica per una nota casa editrice e lavora come consulente nel campo della Comunicazione Interculturale per conto del MIB School of Business e presso aziende internazionali. Etiquette Consultant certificata, è membro della IAPO – International Association of Professional Etiquette Consultants, nonché Istruttrice certificata Tracom per il metodo Social Styles & Versatility

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Da Linklab e dintorni, un ritrovo di linguisti, bibliofili, traslocatori di idee e bevitori di tè. Un luogo in cui ragionare e divagare seguendo il flusso dei pensieri, in cui la regola d’oro è: mai parlare di lavoro… è una questione di savoir vivre!