Sono decenni ormai che mi dedico allo studio delle lingue. Un processo costante, perché come sappiamo le lingue si evolvono, e di conoscerle non si finisce mai.
Tanto mi piacevano che ho scelto di lavorarci, fondando un’agenzia la cui attività principale è trasferire concetti e idee da una lingua all’altra, da una cultura all’altra.
E fin qui, tutto “semplice”, o quasi. Poi però le cose si sono complicate.
C’è stato un momento in cui mi è apparso evidente (ben al di là della teoria) che nella comunicazione la lingua è solo una parte (e nemmeno la più importante) dello scambio che avviene fra le persone. In altre parole, per chi intende fornire una reale mediazione fra culture diverse tradurre e interpretare serve… ma non basta.
Secondo lo psicologo statunitense Albert Mehrabian, esperto di comunicazione, in specifici contesti addirittura solo il 7% della comunicazione fra esseri umani avviene attraverso le parole. Il restante 93% sfrutta canali non verbali (voce, linguaggio del corpo) spesso inconsci e legati a regole culturali inespresse.
In altre parole, comunichiamo e lavoriamo ogni giorno con persone che provengono da culture diverse dalla nostra e riusciamo (talvolta con fatica) a controllare solo una minima parte di quello che avviene fra di noi. Un rischio altissimo, visto che a volte da queste interazioni può dipendere il successo di un’iniziativa, la firma di un contratto. All’estero se ne parla molto, e la Cultural Awareness è in cima alle soft skill che le aziende richiedono al proprio personale, tanto che ai dipendenti vengono spesso proposti corsi specifici di comunicazione interculturale e business etiquette internazionale.
Anche in Italia questa consapevolezza sta gradualmente prendendo piede. I corsi che abbiamo tenuto presso Confindustria e presso la Camera di Commercio ne sono una testimonianza, così come la collaborazione con il MIB di Trieste, che ci ha permesso di portare i nostri corsi in Generali Italia nell’ambito del progetto “Diversity & Inclusion”.
Comprendere, rispettare e valorizzare le diversità, questo l’obiettivo dell’ambizioso programma Generali che coinvolge tutti i dipendenti delle sedi italiane.
A riprova che il business più efficace è, oggi più che mai, un business inclusivo e sostenibile.