Tra cambiamenti climatici e crisi dei consumi, il 2023 non è stato un anno semplice per il vino, ma (pur tra alti e bassi) l’Italia ha retto, mantenendo il secondo posto in Europa tra i principali esportatori di vini Dop, dopo la Francia e prima della Spagna.
Insomma, il vino rimane un settore cruciale per il nostro paese e molte aziende vitivinicole (magari nate come piccole aziende a conduzione famigliare e affermatesi per l’eccellenza dei loro prodotti) si trovano davanti l’incredibile opportunità e la sfida complessa che deriva dal rivolgersi a un mercato globale.
Esportare vino, esportare cultura
Se per noi italiani la cultura del vino (e del saper bere) è parte del DNA, per un’azienda esportare le proprie etichette all’estero significa anche saperne comunicare i valori e la tradizione.
Per fare questo servono competenze linguistiche e culturali, bisogna conoscere la terminologia specifica del settore (estremamente complessa e codificata) ma anche il contesto culturale che accompagna il vino (e il suo consumo) nel paese in cui viene esportato.
I Paesi Arabi: un mercato complesso ma promettente
Pensiamo per esempio ai paesi arabi. Se l’idea stessa di accostare la parola “vino” alla cultura araba e musulmana potrebbe apparire assurda o blasfema, è pur vero che il vino non è assolutamente sconosciuto a questi paesi e che nei Paesi Arabi del Mediterraneo il consumo di alcol in generale è in forte crescita.
Anche Dubai e gli Emirati Arabi Uniti in generale rappresentano una destinazione in forte crescita per le esportazioni di vino italiano. Secondo i dati Istat, negli ultimi 5 anni le esportazioni di vino verso gli Emirati sono più che raddoppiate, raggiungendo un valore di oltre 83 milioni di euro nel 2021.
Se i top player sul mercato emiratino rimangono per il momento i vini francesi, quelli italiani più richiesti a Dubai sono i rossi toscani, come il Brunello di Montalcino e il Chianti, ma sta crescendo l’interesse anche per le etichette del Prosecco e delle altre Doc venete.
Vendere in questi paesi è complicato e soggetto a una rigida regolamentazione (tanto l’importazione quanto la distribuzione delle bevande alcoliche sono nelle mani di pochi operatori dotati di apposite licenze, quindi di fatto si tratta di un mercato oligopolistico), ma la difficoltà più grande rimane probabilmente quella di trovare il corretto approccio culturale alla vendita di un prodotto che in questi paesi può suscitare reazioni controverse.
La Cina: l’importanza di un approccio culturale
Anche la Cina rappresenta un mercato ricco di potenzialità (sebbene i dati per il 2023, a fronte di una debolezza dell’economia cinese e delle incertezze per il futuro abbiano evidenziato un calo importante nelle importazioni di vino dall’estero).
I cinesi hanno una spiccata passione per i rossi, spiegabile con il simbolismo che da sempre associa il colore rosso a concetti positivi come prosperità, fortuna e buoni auspici per il futuro. Anche in questo caso, un approccio orientato alla cosiddetta cultural awareness (consapevolezza culturale) è imprescindibile.
Un esempio? Mettiamo che per il nostro nuovo e delizioso Prosecco il grafico abbia suggerito un’etichetta essenziale ed elegante, su sfondo nero o bianco. Niente da dire, bellissima. Peccato che in Cina il colore bianco sia associato alla morte, così come il nero, che richiama anche concetti di oscurità e illegalità. Possiamo dirci che la superstizione è cosa superata, che nessuno ci farà caso, ma sbaglieremmo. Il vino in Cina è consumato principalmente in contesti di convivialità (fra amici o in occasione di pranzi e cene di lavoro) e in tali contesti l’associazione a una simbologia positiva è cruciale.
Tradurre per l’industria del vino
La traduzione può sembrare un aspetto secondario, nel vasto mondo della produzione vitivinicola, ma ignorarne l’importanza può rivelarsi un’arma a doppio taglio.
Chi traduce per questo settore deve prima di tutto conoscerne bene la terminologia. Dai sistemi di allevamento della vite (cordone speronato o Guyot? Pergola o alberello?) alla composizione del suolo (argilloso o torboso? Alluvionale o vulcanico?), dal processo di vinificazione (rimontaggi o follature? Invecchiamento in barrique o in tonneau?) alla descrizione delle caratteristiche organolettiche del vino (il cosiddetto bouquet, con le infinite e fantasiose descrizioni di cui i sommelier sono maestri indiscussi). Insomma, parlare (e scrivere) di vino è tutt’altro che semplice.
Affidare le proprie traduzioni per il settore vitivinicolo a professionisti competenti nel settore può determinare il successo di una campagna vendite all’estero.
Viceversa, se la comunicazione dell’azienda non trasmette fiducia e credibilità, o addirittura presenta errori di traduzione risibili o offensivi per il pubblico di riferimento, può vanificare tutti gli sforzi fatti fino a quel momento da chi ogni giorno lavora per l’eccellenza del proprio vino.
A chi sono rivolti i servizi di traduzione per l’industria del vino?
Cataloghi, siti internet, schede prodotto, contratti e cartelle stampa… la traduzione per l’industria del vino è un servizio dalle mille sfaccettature che si rivolge a una vasta platea di professionisti.
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